Psicologia Positiva
La Psicologia Positiva (Seligman, 1990) può essere considerata una vera e propria rivoluzione che ha condotto un profondo rinnovamento dei temi e dei paradigmi di ricerca nei vari settori della psicologia.
Lo studio della qualità della vita, che ha ricevuto un’attenzione crescente negli ultimi trent’anni da parte di medicina, psicologia e sociologia, distingue gli indicatori oggettivi, quali la salute fisica, le condizioni abitative e lavorative, dagli indicatori soggettivi come la percezione del proprio benessere psicologico e il soddisfacimento delle proprie aspirazioni.
Sul piano individuale, la psicologia positiva, valorizza le esperienze soggettive: benessere, appagamento, speranza, ottimismo, autoaccettazione e autoefficacia.
Si focalizza inoltre sui tratti positivi individuali: le abilità interpersonali, il coraggio, la perseveranza, l’orientamento al futuro, la spiritualità, la saggezza.
A livello di gruppo evidenzia le virtù civiche, la responsabilità, l’educazione, la tolleranza, l’altruismo.
Le attività della Psicologia Positiva si sono sviluppate a partire da due prospettive di base:
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La prima, definita edonica, comprende studi volti prevalentemente ad analizzare la dimensione del piacere, inteso come benessere prettamente personale e legato a sensazioni ed emozioni positive.
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La seconda, detta eudaimonica, privilegia l’analisi dei fattori che favoriscono lo sviluppo e la realizzazione delle potenzialità individuali e dell’autentica natura umana, intesa come ciò che è utile all’individuo, nel senso che ne arricchisce la personalità. L’eudaimonia comprende non solo la soddisfazione individuale, ma anche un percorso di sviluppo verso l’integrazione con il mondo circostante. Il termine è spesso considerato analogo a “felicità”, ma il suo campo semantico è molto più ampio: esso implica un processo di interazione e mutua influenza tra benessere individuale e collettivo, tale per cui la felicità individuale si realizza nell’ambito delle relazioni che abbiamo.